Museruole di cavallo in bronzo dalle stoai dell’Epiro
Introduzione
1Le museruole rappresentano uno dei numerosi accessori della bardatura dei cavalli nel mondo antico e probabilmente quello maggiormente studiato. Recentemente sono state condotte alcune ricerche volte ad analizzare nello specifico le museruole realizzate in bronzo, ponendo l’attenzione sulla loro origine, sul loro utilizzo, sul loro valore simbolico e proponendo una classificazione tipologica degli oggetti, sulla base delle caratteristiche morfologiche, che ha portato a una seriazione cronologica degli stessi[1]. In tal senso, si ritiene che un contributo utile alla comprensione di tali manufatti possa giungere dallo studio presentato in questa sede riguardante due museruole in bronzo rinvenute ad Antigonea e Gitana (Fig. 1). Esse sono tra le pochissime museruole rinvenute all’interno o nelle immediate vicinanze di complessi architettonici e le uniche riferibili nello specifico a edifici pubblici civili, come le stoai situate nell’agora; infatti, oltre all’esemplare proveniente dall’edificio sacro del santuario di Vigna Nuova a Crotone , trafugato durante gli scavi del 1977/1978[2], e pur essendo nota dalle fonti scritte la pratica di dedicare museruole all’interno di edifici nei santuari[3], le museruole in bronzo conservate provengono per la maggior parte da sepolture, oppure non se ne conosce l’esatto luogo di rinvenimento. Le due museruole, studiate per la prima volta da P. V. Faklaris nel suo lavoro del 2010, vengono analizzate di seguito proponendone, prima di tutto, una descrizione che riprende in parte il modello di catalogo e la seriazione tipologica proposta da I. Garcés Estallo e R. Graells i Fabregat per le museruole della penisola iberica, in secondo luogo, indagando puntualmente il contesto architettonico e il record archeologico di rinvenimento. Tale approccio allo studio ha permesso contemporaneamente di meglio definire il valore simbolico ed elitario delle due museruole e di proporre nuove ipotesi sulla destinazione funzionale degli edifici e sulla ricostruzione del contesto di rinvenimento[4].
Le museruole in bronzo nel mondo antico: funzione, origine, significato e tipologie
2Le fonti letterarie documentano nel IV sec. a. C. l’uso di museruole per evitare che i cavalli mordessero sé stessi, i cavalieri o altri cavalli[5]; Senofonte, ad esempio, nel Περὶ ἱππικῆς, ne raccomanda l’uso quando si strigliava l’animale o quando lo si conduceva all’aperto senza morso[6]. In realtà, l’impiego di museruole realizzate comunemente in materiali deperibili, cuoio, corda, vimini, è noto già nel terzo millennio tra i Sumeri, mentre alcune rappresentazioni figurate su vasi attici ne attestano l’uso nelle regioni di cultura greca almeno nel VI sec. a. C.[7]. I termini con cui gli antichi definivano la museruola erano i sinonimi κημóς o φιμóς[8], a cui si affiancava anche quello probabile di capistrum – καπίστριον, che meglio sottolinea il concetto dell’oggetto che avvolge la bocca e le narici del cavallo[9].
3La versione metallica delle museruole[10] è prodotta per la prima volta nelle regioni della Grecia centrale e settentrionale, caratterizzate da una struttura sociale e militare che esaltava l’aristocrazia e la cavalleria[11], probabilmente già nella prima metà del V sec. a. C., quando si datano alcuni passi controversi di Eschilo che menzionano parti metalliche associate alle teste dei cavalli con la funzione di spaventare il nemico, sia visivamente, a causa del bagliore riflesso contro il metallo, sia acusticamente, per l’amplificazione del nitrito[12]. Gli esempi più antichi di museruole in bronzo, databili a partire dagli inizi del IV sec. a. C., provengono dalla Beozia e dalla Macedonia e si sono diffusi immediatamente in Epiro e in Magna Grecia, aree dove l’aristocrazia ha ricoperto un ruolo chiave nell’organizzazione della società tra l’età tardo-classica ed ellenistica[13], fino a raggiungere i territori delle vicine popolazioni italiche e la penisola iberica[14].
4La produzione selettiva in bronzo di un oggetto precedentemente realizzato unicamente con materiali poveri può essere motivata con la volontà da parte delle élites aristocratiche e guerriere di trasformare una caratteristica negativa del cavallo in una positiva, utilizzando le museruole come simbolo di prestigio e oggetto di distinzione sociale e militare. Per comprendere la rilevanza di questi singolari manufatti basta considerare il valore delle diverse componenti della bardatura dei cavalli, realizzate in metallo prezioso e decorate, che si ritrovano solitamente all’interno di ricche sepolture o nei santuari come offerte votive di importanti personaggi[15].
5Le museruole in metallo sono composte da diversi elementi che permettono di semplificarne la descrizione. Data la mancanza di una terminologia specifica, I. Garcés Estallo e R. Graells i Fabregat hanno proposto l’utilizzo di parole che sono funzionali a una chiara e univoca descrizione degli elementi delle museruole e che aiutano a individuare delle tipologie e a definire le differenze morfologiche e decorative dei vari esemplari[16]. La bowl guard rappresenta una protezione conformata a ciotola in cui sono inseriti la bocca e le narici del cavallo; il chinpiece (sottomento) è la parte posteriore della bowl guard ed è posizionato sotto il mento dell’animale impedendogli di aprire la bocca; gli arms (i bracci) sono elementi allungati laterali che uniscono la bowl guard al bridge (ponte), formato da due tensors (tiranti), che connettono frontalmente le estremità superiori dei tensors e quella della barra frontale; la frontal bar (barra frontale) è un elemento allungato parallelo ai bracci e posto sul naso che collega la bowl guard al frontlet; infine, il frontlet (elemento frontale) è posto al centro della fronte e può avere una forma circolare o rettangolare e presentare delle decorazioni geometriche o figurate (Fig. 2).
6Le tipologie di museruole in metallo sono sostanzialmente di tre tipi e si distinguono per le modalità in cui avvolgono il muso del cavallo. Il tipo 1 si caratterizza sostanzialmente per la presenza della bowl guard ed è suddiviso a sua volta in due sottotipi. Il sottotipo 1.A si riconosce per la mancanza di decorazioni nella barra frontale, per un elemento frontale ridotto e di forma circolare e per l’assenza della terminazione superiore dei bracci laterali conformata a testa di anatra; a questa categoria appartengono, ad esempio, la museruola di Vigna Nuova a Crotone, quella proveniente dalla Puglia e appartenente alla White and Levy Collection di New York e quella dipinta sulla parete della tomba macedone di Makryghialos a Pidna , databili al IV sec. a. C. Il sottotipo 1.B, a cui appartiene la museruola rinvenuta ad Antigonea, mostra una decorazione geometrica, floreale o figurata al centro della barra frontale, un elemento frontale largo e rettangolare, solitamente anch’esso con motivi decorativi, e la terminazione dei bracci laterali conformata a testa di anatra; si tratta di una evoluzione del sottotipo 1.A, anch’esso inquadrabile cronologicamente nel corso del IV sec. a. C. o al massimo agli inizi del III sec. a. C.[17]. Il tipo 2, a cui si ascrive la museruola rinvenuta a Gitana, si distingue per la mancanza della bowl guard, ma presenta tutti gli altri elementi caratteristici del sottotipo 1.B ed è databile tra III e I sec. a. C.[18]. Infine, il tipo 3, di cui si conoscono unicamente due esemplari, si caratterizza per una striscia ricurva che avvolge perpendicolarmente il muso del cavallo definendo allo stesso tempo la barra frontale e la parte posta sotto il mento; esso è stato realizzato già a partire dalla fine del IV sec. a. C. divenendo il modello principale in età imperiale[19].
Le museruole in bronzo in Epiro
Antigonea
7 Contesto archeologico: l’oggetto è stato rinvenuto all’interno di un pithos interrato di fronte alla facciata della Stoa nord dell’agora, a ridosso dell’estremità orientale delle fondazioni della crepidine, insieme ad alcuni frammenti in bronzo di una probabile statua equestre di dimensioni leggermente più grandi del naturale. Il pithos era al di sotto di uno strato di frammenti di tegole ricurve e piatte considerato dagli archeologi come il crollo della copertura dell’edificio[20].
8 Collocazione attuale: Museo Archeologico di Tirana (AM 45).
9Descrizione: la museruola di cavallo, realizzata con un singolo pezzo in bronzo, è stata rinvenuta in ottime condizioni, anche se con tracce evidenti di ossidazione[21], e inizialmente interpretata come l’elmo dell’animale o di una statua di cavallo (Fig. 3)[22]. L’esemplare appartiene al sottotipo 1.B e presenta un elemento frontale (frontlet) largo e rettangolare (lung. ca. 10 cm; larg. ca. 8 cm) da cui si sviluppa la barra frontale (frontal bar) che, a contatto con il frontlet, si allarga leggermente assumendo una forma esagonale con un motivo vagamente cruciforme (frontal pattern). I bracci laterali (arms) hanno una terminazione superiore a forma di testa di anatra (twisted fixing duck head point) in cui si inseriva l’anello per fissare i finimenti. L’elemento frontale è collegato ai bracci laterali tramite due barre o ›tiranti‹ (tensors) che assumono un andamento a ›S‹ (turned tensor) alle estremità fissate ai bracci per mezzo di un dischetto e un piccolo chiodo (circular plate); al momento del rinvenimento la museruola era priva della terminazione a ›S‹ della barra sinistra[23]. Il punto di raccordo tra i bracci laterali e la bowl guard (distal pattern) è caratterizzato da un motivo decorativo di forma trapezoidale. La bowl guard presenta una forma chiusa a ciotola con un foro circolare con bordi rialzati al centro della superficie esterna (diam. 1,6 cm; prof. 0,6 cm).
10 Decorazione: la bowl guard presenta numerose piccole aperture a forma di cuore tutt’intorno al foro circolare centrale. L’elemento frontale è decorato con una serie di piccole fessure triangolari disposte secondo motivi cruciformi lungo una fascia a forma di Π (lung. 6,7 cm; larg. 5,9 cm). Una linea intagliata completa la decorazione correndo lungo il contorno della barra frontale, dei ›tiranti‹, dei bracci laterali, della parte inferiore dell’elemento frontale e di quella superiore della bowl guard.
11 Confronti: la museruola trova un confronto stringente dal punto di vista morfologico e decorativo con uno degli esemplari provenienti da Ruvo di Puglia e conservato al British Museum (inv. 2878)[24]. L’oggetto mostra, inoltre, molti tratti in comune con una seconda museruola rinvenuta sempre a Ruvo di Puglia e conservata anch’essa al British Museum (inv. 2879)[25], con due esemplari esposti al Museo del Louvre, Collezione Campana (inv. 1517, 1518)[26], di probabile provenienza italica, e con una museruola conservata al Metropolitan Museum of Art di New York (inv. 1989.281.85)[27].
12 Datazione: il tipo di museruola (1.B) rappresenta l’evoluzione del tipo 1.A, databile archeologicamente a partire dall’inizio del IV a. C., ed è inquadrabile cronologicamente nel corso del IV sec. a. C. e non oltre il primo quarto del III sec. a. C.[28].
13 Dimensioni: max. lung. 24 cm; max. larg. 15 cm; diam. della bowl guard 13 cm; prof. della bowl guard 7,8 cm.
14 Bibliografia: Budina 1987; Albanien 1988, 286 cat. 160; Budina – Stamati 1989, 135 s. tavv. 1; 2, 1; Budina 1993, 118 tav. 6; Ceka 2009, 31 s. fig. 14; Zachos et al. 2006, 383 s.; Faklaris 2010, 219 cat. 7 fig. 35.
Gitana
15 Contesto archeologico: l’oggetto è stato rinvenuto al di sotto di un esteso strato di distruzione localizzato all’estremità orientale della Stoa nord dell’agora di Gitana. Il crollo della copertura e di gran parte del muro di fondo e di quello orientale dell’edificio ha consentito la conservazione di un contesto stratigrafico sostanzialmente sigillato caratterizzato da una concentrazione notevole di rinvenimenti numismatici e di manufatti appartenenti a differenti classi tipologiche databili per la maggior parte alla fine del III o agli inizi del II sec. a. C.[29].
16 Collocazione attuale: Museo Archeologico di Igoumenitsa.
17 Descrizione: la museruola di cavallo si conserva in buone condizioni ed è stata inizialmente interpretata come elmo o briglie di una statua di un cavallo[30]. La museruola appartiene al tipo 2 ed è priva della bowl guard sostituita dalla barra che protegge frontalmente le narici (nostril bar) e dai due ›tiranti‹ laterali (lateral tensors) collegati al sottogola (chinpiece) posto sotto il mento dell’animale. La barra frontale si allarga al centro assumendo un motivo decorativo con due piccole ›virgole‹ affrontate per lato. L’elemento frontale rettangolare riccamente decorato, di cui non si conserva la parte superiore, si collega ai bracci laterali per mezzo delle due barre che terminano con un motivo a ›S‹ e sono fissate ai bracci con un dischetto e un piccolo chiodo. I bracci laterali sono completati superiormente dall’usuale testa di anatra arrotolata su sé stessa, mentre la parte centrale è impreziosita con un motivo romboidale.
18 Decorazione: l’elemento frontale è decorato al centro con un motivo cuoriforme e nella parte superiore con due volute a giorno desinenti, di cui una conservata solo in parte. La parte terminale dell’elemento frontale, andata perduta, doveva presentare una decorazione composta da una borchia costolata con piccolo pomello centrale, come testimonia il confronto stringente con il motivo decorativo della museruola di Pompei (MANN, inv. 75568)[31] e di uno degli esemplari della Collezione Campana esposto al Museo del Louvre (inv. 1518)[32]. Anche l’elemento frontale di una delle due museruole rinvenute a Ruvo di Puglia (British Museum, inv. 2879) doveva essere simile a quella dell’esemplare di Gitana, come visibile dal motivo cuoriforme centrale con al di sopra due volute desinenti[33]. Una stretta fascia corre lungo le diverse componenti della museruola completandone la decorazione. Una linea continua realizzata con piccole incisioni si sviluppa al di sopra del motivo centrale della barra frontale definendo la parte inferiore dell’elemento frontale e dei ›tiranti‹.
19 Confronti: la museruola è identica per morfologia a quella rinvenuta a Pompei, conservata al Museo Archeologico Nazionale di Napoli (MANN inv. 75568)[34], e si può ipotizzare che i due esemplari siano stati realizzati sulla base di uno stesso modello o addirittura dagli stessi bronzisti (Fig. 4). Un altro confronto puntuale è quello con la museruola esposta al Museo Nazionale Atestino di Este (MNA, inv. 3230) proveniente da antiche raccolte senza contesto, ma riferibile con ogni probabilità a una sepoltura equina della necropoli di Este dove è stata trovata ancora indosso al teschio di un cavallo[35].
20 Datazione: il tipo 2 di museruola è inquadrabile cronologicamente tra III e I sec. a. C.[36]. Il contesto architettonico e il record archeologico di rinvenimento permettono di datare l’esemplare di Gitana grossomodo al III o al II sec. a. C.[37]. Dal momento che la maggior parte degli oggetti rinvenuti al di sotto dello strato di distruzione della stoa si data grossomodo nei decenni a cavallo tra III e II sec. a. C., non è escluso che la museruola possa essere stata realizzata nel medesimo periodo. I confronti non aiutano ad affinare la cronologia dell’oggetto, dal momento che la museruola di Este può essere datata genericamente all’età ellenistica[38], mentre riguardo all’esemplare di Pompei è possibile unicamente proporre una datazione precedente l’eruzione del Vesuvio del 79 d. C. È poco probabile, tuttavia, che la museruola di Gitana possa essere datata al primo quarto del III sec. a. C., come proposto da P. V. Faklaris[39], date le differenze tipologiche e morfologiche con l’esemplare di Antigonea, nonostante la decorazione dell’elemento frontale sia già presente in oggetti databili genericamente tra l’ultimo quarto del IV e gli inizi del III sec. a. C.[40].
22 Bibliografia: Preka-Alexandri 1996, 415, tav. 112 β; Preka-Alexandri 1999, 168; Touchais et al. 2001, 878 s. fig. 102; Zachos et al. 2006, 384; Kanta-Kitsou 2008, 51; Kanta-Kitsou et al. 2008, 61 nr. 2; Faklaris 2010, 219 s. cat. 8 fig. 36.
I contesti architettonici di rinvenimento delle museruole
La Stoa nord e l’Edificio per riunioni dell’agora di Antigonea
23Antigonea, fondata probabilmente da Pirro nei primi decenni del III sec. a. C. nella valle del fiume Drinos nel nord dell’Epiro (Caonia), presenta un’ampia agora situata nel settore sud-occidentale della città a ridosso delle fortificazioni e inserita perfettamente all’interno della griglia stradale ortogonale definita al momento della pianificazione urbana[42] (Fig. 5). L’agora, di cui si conservano pochi resti architettonici, è stata indagata archeologicamente lungo la metà occidentale del lato settentrionale occupata da una stoa e da un edificio annesso quadrangolare, considerati fino a oggi in letteratura come un unico portico[43]. Gli edifici, collocati uno accanto all’altro e conservati unicamente a livello di fondazione, sono accessibili dalla piazza a sud e delimitati lungo il lato posteriore dallo stenopos (b) con andamento est-ovest. I complessi edilizi si trovano su un ampio terrazzo artificiale che regolarizza un settore del pianoro leggermente digradante da est verso ovest e che rappresenta l’area inferiore dell’agora verso il limite occidentale della città (Fig. 6).
24La Stoa nord (ca. 48,40 m × 9,30 m) è realizzata secondo una tipologia architettonica definita ›entre retours‹[44], ampiamente attestata nella Grecia nord-occidentale in età ellenistica[45], caratterizzata da una crepidine con colonnato racchiuso alle estremità dal prolungamento sulla fronte delle pareti dei lati corti. La facciata era probabilmente scandita da diciannove colonne di ordine dorico, mentre un colonnato interno di dieci colonne[46], anch’esso di ordine dorico[47] e di cui si conservano due basamenti di fondazione quadrangolari, divideva il portico in due navate[48]. Il portico è attraversato da una canaletta con andamento nord-sud che garantiva il deflusso dell’acqua piovana proveniente dall’agora e dal tetto della stoa nello stenopos (b) collocato a una quota inferiore (Fig. 7).
25Addossato al lato occidentale della stoa si trova l’Edificio per riunioni che presenta una pianta quadrangolare di ca. 11,80 m × 12,80 m. La facciata dell’edificio sporge di ca. 2,70 m rispetto alla fronte colonnata della stoa ed è formata da un muro a Π, conservato a livello di fondazione e realizzato con una tecnica costruttiva differente rispetto al resto delle murature[49] dovuta alla presenza di una facciata con crepidine e colonnato su tre lati. L’edificio è formato da un’unica grande sala quadrata (ca. 9,70 m × 8,30/9,35 m) che non è escluso comunicasse con l’adiacente stoa per mezzo di una porta collocata lungo il muro che separa i due corpi architettonici. La grande sala può essere identificata con un luogo di riunione di qualche organo politico o amministrativo, in maniera analoga agli esempi di edifici con planimetria simile attestati in molte città greche tra V e II sec. a. C., dalla Sicilia all’Asia Minore, e ben presenti anche in Epiro e nelle regioni limitrofe come l’Acarnania e l’Etolia[50] (Fig. 8).
26L’analisi dell’evidenza materiale consente di interpretare le due costruzioni come corpi di fabbrica strutturalmente ben distinti con funzioni specifiche, edificati tra III e II sec. a. C. nell’ambito del medesimo processo di monumentalizzazione dell’agora interrotto a seguito della distruzione della città avvenuta, probabilmente, durante gli anni della Terza guerra macedonica[51]. L’ipotesi ricostruttiva sarebbe confermata dal confronto stringente con la Stoa nord e l’adiacente Edificio E dell’agora di Gitana[52] che porta a escludere la tesi secondo cui il complesso architettonico sarebbe una stoa con un avancorpo all’estremità occidentale aggiunto in una fase edilizia successiva per inserirvi una scala di accesso al piano superiore[53]. La presenza del muro nord-sud che separa la stoa dall’edificio quadrangolare, anche se mal conservato, porta a ritenere meno probabile un’eventuale interpretazione del complesso architettonico come un’unica stoa a doppia navata con paraskenion all’estremità occidentale, sul modello della Stoa nord dell’ Heraion di Argo (60,85 m × 9,20 m)[54], che può comunque essere stato ripreso e riadattato nel complesso preso in esame.
27La Stoa nord e l’Edificio per riunioni caratterizzano il terrazzo inferiore dell’ agora come un settore con importanti funzioni civiche connesse alla vita politico-amministrativa e religiosa della città, ben distinto da quello superiore orientale delimitato a nord da un lungo edificio rettangolare con ambienti accostati adibiti, probabilmente, allo svolgimento di attività commerciali.
La Stoa nord dell’agora di Gitana
28La città di Gitana, edificata a partire dalla seconda metà del IV sec. a. C. su un ampio terrazzo posto in un meandro dell’antico fiume Thyamis in Tesprozia, presenta un’agora situata in una posizione altimetricamente dominante a ridosso del tratto di mura nord-occidentale e dell’ingresso principale alla città e inserita perfettamente all’interno della griglia stradale ortogonale tracciata al momento della pianificazione urbana[55] (Fig. 9). Il lato meridionale dell’agora è delimitato da un lungo edificio rettangolare a carattere commerciale, mentre quello settentrionale da una stoa e un edificio quadrangolare affiancati, in maniera analoga all’esempio di Antigonea (Fig. 10). Il complesso quadrangolare (Edificio E) è preceduto da uno stretto portico e suddiviso in due unità giustapposte. A est si trova una grande sala quadrata utilizzata come luogo di riunione di qualche organo politico-amministrativo della città[56], al cui interno è attestato il culto di Apollo Agyieus che nella Grecia nord-occidentale, e non solo, assume un valore spiccatamente politico e identitario, figurando come simbolo dell’autorità statale e garante della vita politica della città[57]; il settore occidentale, aggiunto posteriormente alla sala quadrangolare e di difficile interpretazione, presenta una pianta tripartita e conserva materiale di natura votiva e una grande quantità di ornamenti personali e vasellame da mensa e da cucina che porterebbero a identificare gli ambienti come un sacello, un thesauros pubblico o uno spazio in cui potevano svolgersi banchetti, separato dall’adiacente sala quadrangolare ma a essa funzionalmente connesso e accessibile dal portico in facciata[58].
29Adiacente al muro orientale dell’Edificio E si sviluppa la Stoa nord (ca. 76,5 m × 13 m)[59], della tipologia ›entre retours‹, caratterizzata sulla fronte da una crepidine e da un colonnato di ventisei colonne doriche, entrambi racchiusi alle estremità dal prolungamento in facciata delle pareti dei lati corti. Il portico è diviso in due navate da un colonnato interno di quattordici colonne di ordine ionico[60] (Fig. 11). Lungo il lato interno delle pareti è addossata una panca continua in muratura (prof. ca. 0,47 m; alt. 0,30–0,37 m) utilizzata principalmente per sedersi e per sostenere oggetti. In particolare, tale struttura non comunissima nei portici[61] si ritrova ancora in Epiro nelle stoai est e nord dell’agora di Elea [62] e in Etolia nella Stoa est del santuario di Apollo a Thermos [63]. Infine, di fronte alla facciata della stoa sono stati rinvenuti basamenti, mal conservati, che dovevano ospitare offerte votive e monumenti onorari[64].
30La stoa, costruita in stretta connessione con l’edificio per riunioni (Edificio E), ha certamente costituito un importante spazio di aggregazione comunitaria e di manifestazione di status sociale intriso di significati civici, istituzionali e religiosi. Nonostante sia ben nota la natura polifunzionale dei portici, la stoa di Gitana è stata progettata anche per ospitare importanti funzioni politiche e amministrative, mentre non sembra dovesse essere utilizzata almeno inizialmente per attività economiche, data anche la presenza del lungo edificio commerciale sul lato opposto dello spazio agorale[65]. D’altra parte, le fonti di età tardo-classica e proto-ellenistica attestano un ampio utilizzo delle stoai nelle agorai come luogo per incontri, sedi di archeia e assemblee politiche e tribunali, anche se in maniera più occasionale che esclusiva[66].
31La costruzione della stoa, con relativa monumentalizzazione del lato settentrionale dell’agora, si colloca grossomodo intorno alla metà del III sec. a. C., come documentato dalla tipologia delle basi attiche del colonnato interno[67] e dalle antefisse fittili dipinte del tipo ›Stoa sud‹[68]. I rinvenimenti materiali documentano un’intensa frequentazione dell’edificio tra III e II sec. a. C., e il suo definitivo crollo avvenuto qualche anno dopo la conclusione della Terza guerra macedonica (168/167 a. C.) o, successivamente, nel corso del II–I sec. a. C.[69].
I records archeologici di rinvenimento delle museruole
32La museruola di Antigonea è stata rinvenuta all’interno di un pithos [70] interrato di fronte all’estremità orientale della crepidine del portico insieme a due frammenti di una statua equestre in bronzo, tra i quali una mano sinistra con anello con gemma sul dito anulare e la coda di un cavallo di dimensioni leggermente più grandi del naturale[71]. Le analisi chimiche e la spettroscopia ai raggi X hanno evidenziato che la mano e la coda sono state realizzate con la stessa percentuale di composti della lega metallica, non sono state danneggiate dal fuoco e non sono state esposte agli agenti atmosferici, così come la museruola che non aveva alcuna traccia di piombo nella lega di bronzo a differenza degli altri frammenti; la mano e la coda dovevano far parte probabilmente di un medesimo gruppo statuario lasciato incompiuto, dal momento che entrambi i pezzi presentano tracce di saldature compiute approssimativamente[72]. La museruola, che certamente non può essere considerata parte di un gruppo statuario, date anche le dimensioni naturali[73], rappresenta lo status symbol di un importante personaggio dell’aristocrazia cittadina.
33In letteratura si è cercato di motivare la presenza degli oggetti all’interno del contenitore ceramico proponendo differenti letture del contesto archeologico. S. Pediglieri ritiene che la statua equestre, raffigurante Pirro a cavallo con la mano alzata in un gesto di benedizione, possa essere stata smantellata dai Romani durante il sacco della città avvenuto nel corso della Terza guerra macedonica, in seguito al quale, i vari elementi smembrati sarebbero stati nascosti nell’agora all’interno di un pithos [74]. N. Ceka afferma che il gruppo statuario, raffigurante forse Pirro a cavallo con la moglie, sia stato nascosto dopo il sacco dei Romani per essere fuso o per ragioni sconosciute[75]. Dh. Budina ritiene che i diversi oggetti appartenessero a un personaggio illustre della città e che fossero stati nascosti intenzionalmente, prima che Antigonea fosse distrutta, per essere riutilizzati come materia prima da fondere[76]. Sostanzialmente, quello che emerge è l’idea di una obliterazione volontaria degli oggetti in una fase di instabilità politica della regione e del centro urbano in un’ottica di tesaurizzazione di oggetti realizzati con un metallo prezioso[77]. Tale lettura del contesto è sicuramente valida anche se imprecisa, dal momento che i frammenti di statua non sono mai stati di fatto assemblati e la museruola non è riferibile al gruppo statuario. Inoltre, l’estrema eterogeneità dei materiali in bronzo, quali le parti di una statua incompiuta provenienti probabilmente da un’officina di bronzisti e la museruola appartenuta a un ricco personaggio, porterebbe a ritenere che il deposito sia frutto di una raccolta intenzionale di oggetti in metallo prezioso per creare una riserva economica a cui attingere per finalità di carattere pubblico[78], data anche la sua localizzazione all’interno dello spazio agorale. Il rinvenimento di un secondo pithos interrato ca. 4 m a est del precedente, sempre lungo la crepidine del portico, e contenente una parete di una piccola ciotola in bronzo[79] farebbe propendere per tale interpretazione. Sicuramente, non avendo dati in merito ai rapporti stratigrafici e cronologici tra i pithoi e l’adiacente stoa, non è possibile proporre differenti ipotesi sulla funzione e il significato del pithos.
34Così come per Antigonea, anche nel caso di Gitana vale la pena rivedere quanto scritto a proposito del contesto di rinvenimento della museruola in bronzo. La stoa, come l’agora intera, è stata considerata spesso uno spazio adibito quasi esclusivamente a uso commerciale[80] sulla base dell’elevato numero di rinvenimenti numismatici, duecentocinquanta monete in bronzo del koinon degli Epiroti (232–168 a. C.), e di materiali appartenenti a classi tipologiche molto differenti, messi in luce all’estremità orientale dell’edificio[81]. Prima di tutto, è certamente singolare la concentrazione in uno spazio abbastanza limitato di monete in bronzo che difficilmente possono essere state semplicemente perse o abbandonate dai commercianti all’interno della stoa. Gli altri oggetti rinvenuti, riferibili a classi di materiali afferenti a sfere del tutto diverse, possono essere analizzati per classi funzionali nel limite delle informazioni in possesso. Tra gli ornamenti personali si ricordano collane, spilloni, fibule e orecchini. Vi è poi almeno un frammento coroplastico rappresentato da una testina di una statuetta fittile maschile[82]. Una particolare classe di oggetti in ferro è rappresentata dagli strumenti di lavoro, quali attrezzi agricoli (falci e roncole)[83] e forse una catena per legare gli animali[84]. Ancora, sono presenti utensili in ferro adoperati per la cottura e la lavorazione delle carni, quali coltelli, palette, pinze da fuoco e kreagra, uncini utilizzati per sollevare le carni[85]. Vi è poi una serie di oggetti in ferro afferenti alla sfera militare e in particolare all’armamento di offesa, punte di lancia, punte di freccia, spade e coltelli, che difficilmente può essere considerata unicamente come l’indizio dello svolgimento di un evento bellico all’interno della città, vista la relazione con le classi di materiali appena ricordate. Sono stati rinvenuti anche oggetti connessi alla cura del corpo come gli anelli portastrigili in bronzo[86]. Vi sono poi i contenitori di liquidi come le anfore e forse una situla in bronzo, vasi di ceramica per bere come skyphoi e kantharoi, vasi per versare come le oinochoi in bronzo, recipienti per la preparazione delle pietanze come i calderoni, utensili da cucina per mescere il vino o fare libagioni come i simpula di bronzo[87]. Infine, la museruola di cavallo in bronzo può essere considerata alla stregua delle armi da parata e da difesa, nella sua dimensione elitaria, aristocratica, rappresentativa e promozionale, come un oggetto appartenuto a un ricco personaggio locale o a un comandante di cavalleria.
35L’eccessiva eterogeneità del materiale rinvenuto, concentrato in uno spazio ristretto all’estremità orientale della stoa, non è ricollegabile ad attività economiche svolte nella stoa, data anche la presenza dell’edificio commerciale situato nel settore meridionale dell’agora. Inoltre, l’estrema varietà dei rinvenimenti, oltretutto quasi esclusivamente in ferro e in bronzo, potrebbe intendersi come il risultato di un sistema intenzionale di raccolta e accumulo di oggetti di valore, soprattutto metallici, per preservare una riserva economica collettiva a cui attingere al momento del bisogno.
36L’estremità orientale della stoa, delimitata su tre lati da pareti verticali e aperta verso l’interno dell’edificio, si configura come una sorta di deposito di beni appartenuti alla comunità e ceduti all’autorità pubblica[88]. La maggior parte degli oggetti in metallo si data a cavallo tra III e II sec. a. C. e comunque non oltre la metà del II sec. a. C. Il dato cronologico definisce un terminus post quem per l’inizio della pratica di accumulo di oggetti all’interno della stoa, da mettere in relazione alla volontà dello stato di far fronte a un periodo di crisi dovuto all’instabilità politica che ha interessato la regione, in particolare negli anni della Terza guerra macedonica. Il crollo del tetto e della parte alta delle pareti, avvenuto in seguito alla distruzione della stoa, ha sigillato i numerosi oggetti che non sono stati successivamente recuperati, nonostante la città abbia continuato a essere abitata in maniera meno intensiva su tutta la sua estensione anche dopo l’abbandono di parte dell’agora, almeno fino agli ultimi decenni del I sec. a. C.[89].
Considerazioni conclusive
37Lo studio delle due museruole e la rilettura dei contesti topografici e archeologici di rinvenimento, seppur inevitabilmente limitati per la mancanza di una documentazione di scavo dettagliata, mettono in evidenza alcune specificità riguardanti i manufatti analizzati e i complessi architettonici nei quali sono stati messi in luce che permettono di proporre nuove chiavi di lettura riguardo tematiche inerenti alla cultura materiale, alla società, all’urbanistica e all’architettura dell’Epiro di età ellenistica.
38Un primo punto riguarda l’aver ribadito ancora una volta l’estraneità delle museruole analizzate con gruppi statuari, nonostante sia nota la pratica di applicare alle statue equestri elementi della bardatura, in particolare briglie, morso e falere decorative[90]. È possibile, inoltre, che le museruole realizzate in bronzo non venissero fatte indossare realmente ai cavalli dai loro proprietari e che, piuttosto, rappresentassero oggetti di prestigio prodotti per essere adoperati come doni di scambio tra élites e in contesti votivi e sepolcrali.
39Gli esemplari di Antigonea e Gitana documentano il ruolo di primo piano ricoperto nelle comunità epirote dall’élite aristocratica nella gestione delle varie attività di regolamentazione collettiva e durante gli eventi bellici e rimarcano una consolidata rete di relazioni politiche, commerciali e culturali tra l’Epiro, la Macedonia, la Grecia continentale e l’Occidente magno-greco, siceliota e italico, regioni dove si è iniziato a produrre e da cui si sono diffusi questi particolari oggetti in bronzo. I confronti tra la museruola di Antigonea e quelle provenienti da Ruvo di Puglia sottolineano i contatti tra le due sponde dell’Adriatico tra IV e III sec. a. C.; tali contatti trovano attestazione nelle influenze orientali visibili in diverse classi di materiali, dal vasellame metallico, alle suppellettili, fino alle armi (corazze, elmi, spade), che evidenziano rapporti tra aree geograficamente distanti, come la Magna Grecia e la Tracia, resi possibili per il tramite politico-militare e culturale del mondo macedone-epirota[91].
40Il significato simbolico delle museruole in bronzo e il loro accostamento spesso in contesti funerari con elementi della panoplia, attestazione della virtù guerriera e simbolo di prestigio del defunto, suggeriscono di inquadrare gli esemplari epiroti, magno greci e italici al di fuori delle usuali dinamiche commerciali di prodotti di lusso e, piuttosto, nel quadro dell’attività di guerrieri mercenari e dell’accumulo di status symbols di provenienza diversa come espressione di xenia e philia [92]. In tal senso, è possibile inserire la distribuzione di tipologie analoghe di museruole in bronzo in Epiro e nella penisola italica tra IV e III sec. a. C. in un quadro storico di scontri militari tra popolazioni lucane e il mondo greco-tarantino, associato alle spedizioni dei contingenti epiroti-macedoni di Alessandro il Molosso e Pirro, in maniera analoga a quanto è stato proposto, ad esempio, per le appliques metalliche (epomides, pteryges e aegides) che decoravano le corazze e per alcune tipologie di spade in ferro decorate[93]. Il fenomeno può essere inquadrato nell’ottica di equilibri politici, alleanze, condivisioni di pratiche cultuali, matrimoni, presa di ostaggi tra le élites indigene[94] e scontri tra le classi dirigenti macedoni ed epirote e i ceti dominanti magno greci e italici. Le museruole sul suolo italico sono testimonianza dell’impatto che ha avuto sulla regione la presenza degli eserciti dei dinasti epiroti che, come è noto, erano composti non solo da membri delle élites aristocratiche, soldati regolari e mercenari[95], ma anche da architetti, carpentieri, artigiani e artisti. La guerra ha avuto, infatti, ripercussioni sociali e culturali trasformando i territori e i costumi sia delle popolazioni sconfitte che di quelle vittoriose[96]. Le museruole dimostrano ancora una volta come i rapporti tra Macedonia, Epiro e Magna Grecia tra IV e III sec. a. C. costituiscano un fenomeno molto esteso dal punto di vista culturale e sociale che ha interessato l’architettura, la decorazione parietale e pavimentale, la monetazione, l’armamento, gli oggetti di corredo e la produzione artigianale in generale[97].
41La museruola di Gitana è tipologicamente differente da quella di Antigonea e cronologicamente posteriore (III–II sec. a. C.). Le affinità tra gli esemplari di Gitana, Pompei ed Este sottolineano il persistere dei contatti tra le élites epirote e italiche e possono essere inquadrate anche nel contesto di una crescita dei rapporti commerciali tra l’Epiro, il mondo italico, l’Etruria e la Campania proprio a partire dalla fine del III e gli inizi del II sec. a. C., come documentano i materiali ceramici e metallici rinvenuti nella stessa Gitana[98]. Se la museruola di Antigonea sottolinea come l’Epiro tra IV–III sec. a. C. abbia ricoperto un ruolo di primo piano nella realizzazione e diffusione di questi manufatti, l’esemplare di Gitana potrebbe essere legato piuttosto al fenomeno dell’aumento delle produzioni di oggetti in bronzo che dal nord della penisola italica, a partire dalla fine del III sec. a. C. e soprattutto nel II–I sec. a. C., si diffondono in tutto il Mediterraneo e in particolare proprio in Illiria e in Epiro[99].
42Un altro aspetto che emerge riguarda la destinazione funzionale dello spazio coperto della stoa all’interno delle agorai delle città epirote. Il portico rappresenta nel mondo antico l’edificio polifunzionale per eccellenza, per il quale non è possibile stabilire a priori una connessione diretta tra forma planimetrica e funzione, e la cui destinazione d’uso deve essere valutata sulla base dell’analisi dei singoli contesti[100]. In generale, i portici vengono realizzati spesso in importanti contesti pubblici, come i santuari o le agorai, per fornire spazi coperti dove conservare ed esporre leggi, decreti, offerte votive, statue, bottini di guerra, opere d’arte, e consentire ai visitatori passeggiate al coperto. In particolare, l’analisi approfondita del record archeologico e delle relazioni che intercorrono tra i singoli edifici pubblici all’interno del tessuto urbano ha permesso di riconoscere un utilizzo frequente degli spazi coperti delle stoai epirote come luoghi di riunione per organi politici, amministrativi e giudiziari[101], secondo una prassi ampiamente documentata nel mondo greco dalle fonti di età tardo-classica e proto-ellenistica[102], suggerendone una loro associazione con i molteplici aspetti del culto cittadino[103]. Le stoai di Antigonea e Gitana, situate in settori delle agorai con una chiara vocazione politico-amministrativa e religiosa, rispecchiano perfettamente queste caratteristiche. Lo svolgimento di pratiche rituali connesse con le attività degli organi istituzionali all’interno dei portici si combina con la mancanza di un’architettura sacra nelle agorai delle città epirote, fenomeno che rientra in quella tendenza alla frammentazione dello spazio pubblico tipico dell’età ellenistica e che sottolinea l’associazione sistematica tra determinate divinità, che ›vigilavano‹ sulle attività della vita pubblica, e i più importanti edifici politici e amministrativi che costituivano anche gli spazi fisici e simbolici in cui si celebravano le cerimonie del culto pubblico.
43È interessante notare che le due stoai presentano analogie dal punto di vista planimetrico-architettonico, della collocazione nello spazio dell’agora e delle funzioni; sorprende, in particolare, il fatto che esse siano state progettate contestualmente a importanti edifici politico-amministrativi di forma quadrangolare, quali l’Edificio per riunioni ad Antigonea e l’Edificio E a Gitana, e che presentino uno schema planimetrico simile a quello della stoa nord dell’Heraion di Argo seppur rimodellato sulla base di esigenze pratiche e funzionali. L’esistenza di un legame tra i due contesti edilizi analizzati è da ricercare probabilmente nella volontà delle committenze di selezionare modelli architettonici e funzionali ben precisi.
44I due edifici hanno in comune anche la presenza in connessione con essi di depositi di metallo, seppur differenti per struttura, localizzazione e modalità di giacitura degli oggetti, la cui interpretazione come riserve economiche pubbliche spiega altresì la presenza di manufatti metallici così dissimili e di differente provenienza raccolti in un luogo specifico. Singolare è senza dubbio l’individuazione nei due depositi di oggetti molto rari come le museruole in bronzo. L’eccezionalità del rinvenimento non può che suggerire, considerato l’alto valore simbolico ed elitario veicolato dalle museruole, che esse fossero inizialmente esposte all’interno delle stoai[104] o comunque nello spazio agorale, in qualità di dediche di oggetti personali rievocanti il prestigio sociale e militare del loro proprietario o di un bottino di guerra[105], e che fossero state prelevate proprio dal luogo in cui sono state successivamente riposte come materiale da utilizzare in caso di bisogno. D’altra parte, l’agora è uno spazio carico di un forte significato religioso e di autorappresentazione dell’élite locale, che costituisce il luogo nel quale la comunità civica celebra sé stessa e manifesta sempre di più la propria identità e coesione con le istituzioni della polis.
Abstracts
RIASSUNTO
Museruole di cavallo in bronzo dalle stoai dell’Epiro
Il presente contributo prende in esame due museruole di cavallo in bronzo rinvenute nelle stoai delle agorai di due centri urbani epiroti di età ellenistica. Lo studio dei manufatti viene affrontato attraverso un esame degli aspetti morfologici e un’indagine approfondita del contesto architettonico e del record archeologico di rinvenimento. La ricerca consente, da un lato, di proporre una datazione delle due museruole anche sulla base di una serie di confronti con esemplari provenienti da altre zone del Mediterraneo, dall’altro, permette di motivare la presenza di oggetti così singolari in spazi pubblici e di suggerire nuove ipotesi riguardo alla ricostruzione del contesto deposizionale e alla destinazione funzionale delle stoai.
PAROLE CHIAVE
Età ellenistica, Ep, useruola di cavallo, bronzo
Abstract
Bronze Horse Muzzles from the stoai of Epirus
This contribution examines two bronze horse muzzles from the stoai in the agorai of two Hellenistic urban centres of Epirus. The study of these artefacts is conducted through an accurate analysis of their morphological aspects, combined with an investigation of the architectural contexts and archaeological records. The research makes it possible, on the one hand, to propose a dating of the two muzzles, also identifying a series of comparisons with muzzles from other areas of the Mediterranean, and on the other to explain the presence of such characteristic objects in public spaces and suggest new hypotheses regarding the reconstruction of the depositional context and the use of the stoai.
Keywords
Hellenistic period, Epirus, horse muzzle, bronze

Introduzione
Le museruole in bronzo nel mondo antico: funzione, origine, significato e tipologie
Le museruole in bronzo in Epiro
Antigonea
Gitana
I contesti architettonici di rinvenimento delle museruole
La Stoa nord e l’Edificio per riunioni dell’agora di Antigonea
La Stoa nord dell’agora di Gitana
I records archeologici di rinvenimento delle museruole
Considerazioni conclusive
Abstracts